I RISCHI DEI LAVORATORI OUTDOOR
Brescia, 18 Lug – In questi ultimi anni è aumentata l’attenzione intorno ai rischi dei lavoratori outdoor, dei lavoratori che svolgono la loro attività all’aria aperta, specialmente con riferimento alle alte temperature estive e ai rischi dovuti alle radiazioni solari.
Ricordando che il rischio dovuto al calore estivo riguarda molti settori lavorativi, ad esempio quello agricolo (agricoltori, addetti alla raccolta di frutta o verdura nei campi, …) o quello correlato ai cantieri edili e stradali, ci soffermiamo su alcuni esempi di infortuni contenuti nelle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
I casi
Un primo caso è relativo ad attività di sfalcio dell'erba in un'area pubblica con l' utilizzo di un decespugliatore e di un soffione.
L'infortunato sta eseguendo le lavorazioni dalla mattina.
A metà pomeriggio ha un malore. “Ricoverato in rianimazione per ipertermia è deceduto due giorni dopo a causa di uno stato di shock irreversibile. La giornata era particolarmente calda, si sono raggiunti 33 °C”.
L'infortunato “godeva buona salute, non assumeva farmaci, non soffriva di particolari malattie, non beveva bevande alcoliche, non assumeva droghe. Prima di questo lavoro aiutava il padre nella coltivazione dei campi”.
Il giorno dell'infortunio indossava “abbigliamento adeguato ed un copricapo. A pranzo aveva consumato un pasto leggero; durante il giorno aveva bevuto circa 6-7 litri d'acqua.
Anche il secondo caso è relativo ad attività nel comparto agricolo.
Un lavoratore sta rimuovendo manualmente le malerbe cresciute nei filari del vivaio piantumato a melo (le piantine erano alte circa 50-60 cm).
Ad un certo punto avverte i primi disturbi che gli procurano mal di testa e impediscono di proseguire il lavoro.
Viene accompagnato in auto verso l'abitazione e nel tragitto perde conoscenza. Arrivato a casa non reagisce più ad alcuno stimolo.
Viene ricoverato in rianimazione in stato di coma profondo e successivamente muore.
Nella scheda di morte redatta a seguito di riscontro diagnostico per autopsia, “risulta che la causa del decesso è stata l' esposizione ad irraggiamento solare. Indossava indumenti leggeri (camicia e pantaloni lunghi di cotone) e un cappello di paglia. Era un periodo particolarmente caldo ed afoso, con punte di 38-40 gradi”.
La prevenzione
Innanzitutto dobbiamo ricordare che il Decreto legislativo 81/2008 indica tra gli obblighi del datore di lavoro quello di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”. Anche quelli riguardanti “gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari” e quindi anche al rischio di danni da calore tipico delle attività lavorative svolte in ambiente aperto nei periodi di grande caldo estivo.
Rimandando ad una futura tappa di “Imparare dagli errori” la trattazione delle problematiche e della prevenzione relativa ai colpi di calore, ci soffermiamo oggi sulla prevenzione dei rischi dovuti alle radiazioni solari per i lavoratori che svolgono la loro attività all’aria aperta, con particolare riferimento alla frequenza di foto-invecchiamento precoce, precancerosi e tumori cutanei.
In un seminario, dal titolo “ Piano mirato regionale sul rischio di radiazione ultravioletta solare nei lavoratori outdoor” sono stati presentati i risultati di un progetto relativo ai livelli e alle modalità di esposizione a radiazione solare ultravioletta dei lavoratori outdoor di alcuni comparti della Regione Toscana.
Il Piano mirato sottolinea che il rischio radiazione solare non è ancora sufficientemente conosciuto ed è spesso sottovalutato dai lavoratori e dai datori di lavoro.
È dunque necessario un vasto lavoro di informazione e formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori stessi sui rischi dell’esposizione ai raggi solari e sui modi possibili di prevenire i danni adottando una serie di misure di fotoprotezione ambientale e individuale (costruzione di zone d’ombra, organizzazione dell’orario di lavoro evitando di lavorare al sole nelle ore ad insolazione maggiore, rotazione delle mansioni, adozione di indumenti protettivi nei confronti degli UV).
Nel seminario l’intervento “Comportamenti dei lavoratori nel proteggersi dalla radiazione ultravioletta”, a cura di Patrizia Legittimo (ISPO – Firenze), ha sottolineato che i lavoratori outdoor “ricevono circa 3 volte la dose di radiazioni UV dei lavoratori indoor”.
Dopo aver elencato i comparti indagati nel piano mirato regionale con misure ambientali e personali (cavatori, edili, pescatori, agricoltori), l’intervento si sofferma su come influiscono l’uso di DPI e i comportamenti dei lavoratori sulla dose di UV assorbita riportando alcune indicazioni:
– “le protezioni individuali sono necessarie per ridurre l’esposizione in particolare nei casi in cui non sia possibile lavorare sotto ripari o schermi”;
– gli agricoltori che indossano il cappello possono avere sulla fronte una dose sei volte minore, sul naso 3 volte minore e sulle guance 2 volte minore;
– anche “i comportamenti possono ridurre l’esposizione: orario della pausa pranzo (Thieden E et al, 2007)”
Il documento incorpora infine anche il testo di un opuscolo del Piano mirato regionale per i lavoratori all’aperto.
Riportiamo alcuni dei suggerimenti proposti ai lavoratori, suggerimenti utili per la prevenzione di eventuali colpi di calore:
– “i raggi solari sono molto più intensi tra le 12.00 e le 16.00. Prova a ridurre il più possibile la tua attività all’esterno in queste ore. Se puoi sosta all’ombra durante i pasti e gli intervalli di riposo;
– anche quando il cielo é nuvoloso vi è esposizione alla radiazione solare UV; infatti le nuvole non sono in grado di bloccare il passaggio dei raggi ultravioletti. Vento e nuvole, riducendo la sensazione del calore del sole sulla pelle, possono indurre a pensare che non vi sia rischio di scottature; in realtà questo non è vero, pertanto proteggiti adeguatamente anche in queste situazioni;
– quando lavori al sole, anche se fa caldo non toglierti i vestiti (mai esporsi a dorso nudo), usa invece indumenti traspiranti e comodi che non ostacolino i movimenti;
– ombrelloni, tende, gronde e alberi forniscono ombra. Lavorare nelle zone ombrose ti aiuta a ridurre i danni provocati dal sole e nella tua azienda dovrebbero essere create idonee zone d'ombra. Vai alla ricerca dell’ombra tutte le volte che è possibile;
– prevedi una rotazione dei compiti tra attività all'aperto e al chiuso e tra attività al sole e all’ombra;
– proteggi il corpo, la pelle e gli occhi: usa abiti di colore scuro che proteggono di più dal sole, usa pantaloni lunghi e maglietta con le maniche. Fai in modo che cappelli con la tesa larga e occhiali da sole diventino parte della tua divisa”.
Alcune brevi indicazioni sui rischi delle ondate di calore che si verificano a fine primavera o all’inizio dell’estate possiamo trovarle invece su un documento dell’AUSL di Forlì: “il rischio è sempre più elevato quando il fisico non ha avuto il tempo di acclimatarsi al caldo; l’acclimatamento completo richiede dagli 8 ai 12 giorni e scompare dopo 8 giorni”.
Questi alcuni fattori che possono aumentare i rischi da esposizione a caldo intenso:
–impossibilità di bere acqua fresca: “in condizioni di stress termico elevato il fisico può perdere più di 1 litro di sudore ogni ora”;
–lavoro fisico pesante: “il lavoro fisico produce calore in modo proporzionale all’intensità del lavoro”;
–pause insufficienti di recupero: “in condizioni di stress termico elevato (indicativamente con Heat index sopra 90, o anche con valori inferiori se il lavoro fisico è molto pesante o il soggetto non è perfettamente sano; tassativamente con indice superiore a 100) è necessario prevedere ogni ora pause in luogo il più possibile fresco; tali pause avranno durata variabile in rapporto all’intensità del caldo”.
– “lavoro esterno, in pieno sole o attività svolte vicino a sorgenti di calore”;
– “utilizzo di mezzi di protezione che possono rendere più difficoltosa la dispersione del calore (tute poco traspiranti, per esempio durante lavori di rimozione amianto)”.
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